«Non corromperlo con doni, perché non li accetterà, e non confidare in un sacrificio ingiusto, perché il Signore è giudice e per lui non c’è preferenza di persone» (Sir 35,15).
Gesù è il Redentore di ogni uomo, il Maestro che ci istruisce con la sua sapienza ineguagliabile, il Medico che guarisce il nostro cuore, lo Sposo dell’anima che ci ama di eterno amore e si prende cura di noi, il Salvatore misericordioso, l’Amico fedele che mai tradisce o delude, la nostra Speranza, la nostra Pace, il Tesoro dal valore inestimabile da accogliere e custodire nel cuore.
È però anche il Giudice dei vivi e dei morti, Colui al quale tutti, nessuno escluso, dobbiamo e dovremo rendere conto di ciò che abbiamo fatto della nostra vita, dono stupendo che Lui ha affidato alla nostra responsabilità. E tale responsabilità è personale, individuale, non delegabile, poiché ognuno di noi è obbligato in coscienza a relazionarsi con la volontà di Dio nel proprio cuore, a scegliere il Vangelo come propria legge di vita a prescindere da ciò che gli altri, vicini o lontani che siano, scelgono di fare.
Gesù vede oltre ogni apparenza. Il suo occhio è penetrante, capace di scandagliare le profondità e gli abissi del cuore dell’uomo. Non lo si può ingannare. Non lo si può corrompere. Non si deve neanche per un istante pensare di poter compiere il male senza che Lui se ne accorga.
Lo dice il Salmo 139, lo dice tutta la Sacra Scrittura, lo dice la storia, lo dice la nostra coscienza se è onesta: «Signore, tu mi scruti e mi conosci, tu conosci quando mi siedo e quando mi alzo, intendi da lontano i miei pensieri, osservi il mio cammino e il mio riposo, ti sono note tutte le mie vie. La mia parola non è ancora sulla lingua ed ecco, Signore, già la conosci tutta…» (cf. Sal 139).
Il giudizio di Cristo Gesù è e sarà infallibile, cioè senza il minimo errore. Ognuno di noi sarà pesato sulle bilance della giustizia divina in maniera meticolosa (cf. Dn 5,25-28), senza distrazioni o condizionamenti. Nel tribunale divino non esistono avvocati, abili o meno abili. Esiste la persona nella sua integrità, con la sua coscienza, con la storia che vive e ha vissuto e che non può essere manipolata da nessuno.
Ma siamo tutti uguali al cospetto di Dio? Oppure esiste qualche categoria privilegiata, quella dei farisei o dei pubblicani, dei sani o dei malati, dei Pastori o delle pecore?
Il libro del Siracide è chiaro. Il Signore non fa preferenze di persone. In maniera giusta e oggettiva esamina la nostra vita e dà a ciascuno secondo le sue opere. Egli non guarda in faccia a nessuno. E il suo giudizio, che è già nel tempo, si eternizza alla fine della vita, divenendo in quel caso Paradiso, Purgatorio o Inferno.
È giudizio onesto, libero, veritiero. Non ci sono possibilità di ricorrere in appello o in Cassazione. Dinanzi a Gesù Signore tutti e ciascuno dobbiamo metterci la mano sulla bocca e prostrarci dinanzi alla sua sentenza. Egli ha ragione. Nessuno può controbattere contro di Lui.
Questo discorso non sembri di stampo medievale. Né appaia desueto o inutile o addirittura nocivo. È infatti perfettamente in linea con la fede che la Chiesa Cattolica ha sempre professato e continuerà a professare fino alla fine dei tempi, in ciascuno dei suoi figli che ogni Domenica durante la Santa Messa, e nelle occasioni comandate, dice: “Credo in un solo Signore, Gesù Cristo…[che] di nuovo verrà, nella gloria, per giudicare i vivi e i morti, e il suo regno non avrà fine” (cf. Credo niceno-costantinopolitano).
Il giusto giudizio di Dio è per ciascuno di noi un invito alla responsabilità personale, ma è in verità al tempo stesso uno stimolo per perseverare nell’obbedienza al Vangelo e allo Spirito Santo, fino alla morte e alla morte di croce. Anche quando si è derisi, insultati, calunniati o perseguitati, perché sempre vale la pena rimanere innestati in Cristo Gesù, fedeli a lui e obbedienti alla sua volontà.
La giustizia di Dio va insegnata e annunciata senza esitazione. Non per impaurire le persone, ma per far loro capire che la salvezza nel tempo e nell’eternità è posta nelle loro mani, affidata al loro cuore. Ma del resto va insegnata anche per esortare i giusti che sono tentati troppo spesso a rinnegare il loro Signore, anche sul letto di morte.
Se il Signore non fosse giusto, se Gesù fosse Giudice corrompibile e distratto, che senso avrebbe rinnegare ogni giorno se stessi e sforzarsi di passare attraverso la porta stretta del Vangelo? Che senso avrebbe il cammino di ascesi a cui si è chiamati in quanto battezzati? Che senso avrebbe il martirio cristiano?
Mettiamo dunque nel cuore la grande verità del giusto giudizio di Dio e facciamo di tutto per vivere con responsabilità le nostre giornate e crescere in santità giorno dopo giorno, certi che Gesù Signore non mancherà di donarci la ricompensa e un giorno quella corona di giustizia di cui San Paolo parlava al suo fedele discepolo Timoteo.
Ci aiuti la Vergine Maria e ci ottenga il dono della perseveranza sino alla fine. Oggi e sempre.
Clicca sul link seguente per la Liturgia della XXX Domenica del Tempo Ordinario (C)



