La conversione dei cuori nasce dal dono della Parola di Dio, che va accolta e fatta fruttificare. Essa illumina la coscienza e la forma giorno per giorno, liberandola dalle infinite confusioni veritative che la inquinano e orientandola sempre più verso la perfetta conoscenza della volontà di Dio.
«In quel tempo, Gesù diceva alla folla: “Così è il regno di Dio: come un uomo che getta il seme sul terreno; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa. Il terreno produce spontaneamente prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga; e quando il frutto è maturo, subito egli manda la falce, perché è arrivata la mietitura”» (Mc 4,26-29).
È come in un campo. Se manca il seme, mai ci potrà essere la pianta e i frutti che essa produce. Così, se manca la Parola di Dio, i cuori rimangono senza vita, sono terreno condannato alla sterilità, deserto da cui mai potranno nascere i frutti dello Spirito Santo.
La Parola di Dio è necessaria alla conversione, e senza di essa non c’è Regno di Dio. Non ci può essere, perché manca il germe divino che è a fondamento di ogni sana pastorale e che può e deve svilupparsi nei cuori come granello di senapa, piccolo all’inizio ma grande e robusto nella sua essenza dinamica.
È per tale motivo che dobbiamo convincerci che le vie per riempire le Chiese e condurre le anime a Cristo possono essere diverse, ma nessuna di loro può essere pensata o percorsa senza l’annuncio del Vangelo.
Dico questo perché oggi sta accadendo qualcosa di assai paradossale. Da un lato si vorrebbe che i cristiani fossero capaci di rinnovare il mondo con la loro santità, dall’altro non si insegna loro che senza il Vangelo non si può essere discepoli di Gesù, perché senza Vangelo non c’è obbedienza, non c’è sequela, non c’è conformazione al Crocifisso risorto. Tutto rimane nel vago sentimentalismo, nel desiderio di voler fare di più, nell’incapacità di vedere ogni cosa con gli occhi dello Spirito Santo, nella confusione tra il bene e il male che ci fa schiavi del pensiero del mondo.
Gesù credeva veramente – cosa che noi molto spesso non facciamo – in quella parola chiara e nitida della Lettera agli Ebrei che rafforza ulteriormente quanto ascoltiamo dal Vangelo di questa XI Domenica del Tempo Ordinario:
«La parola di Dio è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio; essa penetra fino al punto di divisione dell’anima e dello spirito, fino alle giunture e alle midolla, e discerne i sentimenti e i pensieri del cuore. Non vi è creatura che possa nascondersi davanti a Dio, ma tutto è nudo e scoperto agli occhi di colui al quale noi dobbiamo rendere conto» (Eb 4,12-13).
L’arma che abbiamo per muovere i cuori a conversione è la Parola di Dio, perché questa ci è stata consegnata. Altre armi non servono. Altre strategie non portano alcun frutto. Altre vie non ci fanno andare lontano.
Certo, è chiaro che la Parola deve prima di tutto cambiare la nostra vita, il nostro modo di pensare, ragionare, interpretare la storia, parlare e agire. Essa deve sempre essere vissuta, prima che annunciata; creduta e posta a fondamento della propria esistenza, prima che proposta ad altri come seme incorruttibile di vita eterna. Deve essere imbevuta della nostra personale santità e concimata con la nostra preghiera, la nostra sofferenza, la nostra totale consegna a Cristo di tutto ciò che siamo. Ma essa non può mancare.
O ci decidiamo a credere nella potenza salvifica della Parola di Dio, oppure siamo destinati a rincorrere i mulini a vento. Se manca la Parola di Dio, non c’è salvezza; ecco perché, non di rado, siamo veramente stolti. Abbiamo un’arma potentissima che salva e converte, più potente di mille bombe atomiche, e la mettiamo da parte, pensando che le nostre invenzioni culturali e pastorali possano sanare l’esistenza umana.
Che la Vergine Maria, che ha accolto e donato il Vangelo del suo Figlio Gesù con fede e carità perfette, ci aiuti nella nostra missione e ci custodisca dal cadere dalla fede nella Parola del nostro Redentore.
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