L’Ascensione di Gesù al Cielo rivela in modo palese che la Chiesa è missionaria per essenza e per vocazione. Per essenza significa che non può non essere missionaria, così come un aereo non può non avere le ali o un’auto da corsa non può non avere un potente motore e le ruote. Per vocazione significa che è Gesù stesso che la chiama ad andare in tutto il mondo per predicare il Vangelo e battezzare tutti i popoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo (cf. Mt 28,19-20). È questo un vero e proprio comandamento da “aggiungere” ai già noti Dieci.
Alla missione dobbiamo tenerci tutti. Piccoli e grandi, genitori e figli, Sacerdoti, laici e consacrati. Essa è affidata a ciascuno di noi, anche se con diversi gradi di responsabilità. Il comando è personale e non delegabile ad altri. Quando il Signore ci chiamerà al suo cospetto, ci chiederà se abbiamo o meno fatto la nostra parte per condurre altri uomini e donne a Lui, nel suo ovile. Se lo avremo fatto, lui ci donerà la vita eterna. Se non lo avremo fatto, non ci riconoscerà dinanzi al Padre suo e periremo nelle tenebre eterne.
Bisogna non sottovalutare questa grande verità. A nulla serve infatti dirsi cristiani se poi non siamo missionari secondo il cuore di Cristo. Stiamo attenti, e non assopiamoci mai! Vinciamo ogni pigrizia e rimaniamo saldi nella fede, chiedendo sempre al Signore che accenda nel nostro cuore il fuoco della missione e ci renda suoi testimoni entusiasti ed intrepidi laddove viviamo.
Una cosa va detta però alla luce del Vangelo: la Chiesa – in ciascuno dei suoi membri – non deve mai smarrire il fine della missione. Qual è questo fine? La conversione e il perdono dei peccati:
«Gesù disse loro: “Così sta scritto: il Cristo patirà e risorgerà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. Di questo voi siete testimoni”» (Lc 24,46-48).
Se questo fine cade, la Chiesa non ha più ragione di esistere. Essa perde la sua specificità che è quella di liberare l’uomo dal peccato, dalla superbia di vivere senza Dio e senza i fratelli, dall’idolatria che acceca e dalla vanità effimera che imprigiona nell’immanenza.
La Chiesa non è un’Istituzione umana, fatta per la terra. Non è un ONG, né un’associazione culturale volta a favorire la socializzazione tra i popoli. È un’Istituzione che ha la sua origine in Dio e che Cristo ha voluto per condurre ogni uomo a Lui, elevarlo all’altissima dignità di figlio di Dio nelle acque del Battesimo, nutrirlo di carità crocifissa con l’Eucaristia e renderlo capace di pensare con i Suoi pensieri.
Essere missionari significa lavorare perché i cuori si convertano al Vangelo, giorno per giorno, fuggendo il male con orrore e allontanando ogni visione della vita che contrasta con la Parola di nostro Signore. Significa altresì insegnare che il peccato si può vincere con la grazia di Dio, perché se è vero che la nostra natura è fragile, è anche vero che lo Spirito Santo la può guarire e santificare.
È questione di fede e di disponibilità del cuore a lasciarsi plasmare dall’onnipotenza divina. Non ci sono giustificazioni che reggono. O crediamo nella Parola di Gesù e in quanto lui ci ha promesso oppure siamo cristiani senza fede.
Non smarriamo il fine della missione ecclesiale! Tradiremmo le attese che il Cielo ha su di noi e commetteremmo il grave errore di illudere noi stessi e gli altri, con conseguenze nefaste nel tempo e nell’eternità. Pensare di essere missionari di Gesù e lasciare l’uomo nel suo mondo privo del Vangelo è la cosa più triste che ci possa capitare.
La Vergine Maria, Stella dell’evangelizzazione e missionaria solerte del suo Figlio Gesù, ci ottenga ogni grazia necessaria per poterla aiutare ed imitare.
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