Dio ama l’uomo e lo vuole salvo. Tuttavia perché la salvezza si compia è necessaria la volontà del singolo, in quanto il Creatore non può costringere la creatura a camminare nella sua Parola.
Questo prima di tutto per questioni di giustizia e di onestà. Se fossimo burattini nelle mani di Dio, Dio non ci tratterebbe come uomini dotati di libero arbitrio, volontà, intelligenza, razionalità e coscienza. Farebbe un torto a noi e anche a se stesso, alla sua sapienza che ci ha pensati, sin dall’eternità, come creature particolarissime perché capaci di scegliere.
La parabola del figliol prodigo ci invita a meditare su questa grande verità. Possiamo scegliere di rimanere nella Casa del Padre, costruita sul fondamento dei Comandamenti e delle Beatitudini, oppure scegliere di vivere a modo nostro, rincorrendo false illusioni e sposando filosofie di vita intessute di stoltezza umana.
Le conseguenze però sono assai differenti. Sono conseguenze di vita o di morte, di luce o di tenebra. Il figliol prodigo sciupò tutte le sue sostanze e si trovò dopo poco tempo in mezzo ai maiali, dimenticato da tutti e ridotto alla più estrema miseria:
«Quando ebbe speso tutto, sopraggiunse in quel paese una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. Allora andò a mettersi al servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei suoi campi a pascolare i porci. Avrebbe voluto saziarsi con le carrube di cui si nutrivano i porci; ma nessuno gli dava nulla» (Lc 15,14-16).
Una cosa va detta con estrema chiarezza: la scelta di fare propria o meno la Parola di Dio è personale e non può essere delegata ad altri. Ognuno deve salvare la propria anima e decidere di servire il Signore con cuore sincero.
Per di più non è una scelta che si fa una volta per tutte. Va fatta quotidianamente, istante per istante, sino alla fine e senza mai voltarsi indietro. Il Signore vuole trionfare nella nostra vita e lo può fare se noi abbiamo fede in lui. Non una volta per tutte, ma sempre, giorno per giorno.
La fede dell’uno non è trasferibile come fosse un assegno. È fede del singolo che salva colui che ha scelto di servire il Signore e di fare la sua volontà.
Comprendiamo allora che prendersela con Dio quando le cose vanno male e ci si trova in una condizione miserevole, come accadde al figliol prodigo, è grande stoltezza e peccato gravissimo. Dio è innocente. Lui ha fatto tutto quello che poteva fare perché noi potessimo essere salvati – e continua a farlo. Ci ha dato il suo Figlio sulla croce e attraverso di lui ci ha dato la sua Parola, l’Eucaristia, la Vergine Maria, la Chiesa e ogni grazia celeste. Ci assicura inoltre di vigilare sulla nostra vita, di camminare con noi, di non permettere che siamo tentati o provati al di sopra delle nostre forze, di essere il Custode dell’uomo, il Dio misericordioso che sempre ci accoglie e fa festa quando torniamo a lui pentiti.
Ma il suo amore ha bisogno della nostra risposta, del nostro “sì”, del nostro cuore.
In questa Quaresima scegliamo dunque di ricominciare daccapo. Il Padre dei cieli ci ama, e con Lui Gesù e la Madre sua. Loro sono ricchi di misericordia e di perdono e sono pronti a fare festa nel Cielo per noi.
È vero, il cammino non è sempre facile. Molte sono le difficoltà, le tentazioni, le sofferenze, i momenti in cui si sente il peso della propria umanità sulle spalle che quasi ci schiaccia al suolo. Ma con la grazia di Dio si è sempre vittoriosi e si impara a trasformare ogni occasione in un’opportunità per una più grande crescita in santità. È questione di fede. È questione di amore. È questione di credere che il Signore ci porge la mano e non ci fa affondare nel mare della storia. Lui è con noi e ci custodisce come la pupilla dei suoi occhi, ma ognuno di noi deve confidare in lui e rimanere nella sua Casa, cioè nel suo Vangelo. Possiamo farcela. Tutti, nessuno escluso.
La Vergine Maria, che ama ciascuno di noi con cuore di Madre, ci aiuti e interceda per noi affinché viviamo con serenità la nostra vocazione di figli obbedienti all’amore del Padre nostro celeste.
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