La Domenica delle Palme Gesù entra a Gerusalemme acclamato dalla folla festante che “osanna al Figlio di Davide che viene nel nome del Signore”. È un giorno particolare che ci introduce nella Settimana Santa, tempo prezioso per intensificare il nostro impegno a convertirci, contemplando il grande amore che Dio ha avuto per noi tanto da dare il suo Figlio unigenito per la nostra salvezza.
Per la nostra meditazione partiamo da una domanda: perché Gesù cavalca un puledro figlio di asina? La risposta è lo stesso Vangelo secondo Matteo a donarcela: «Ora questo avvenne perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta: Dite alla figlia di Sion: Ecco, a te viene il tuo re, mite, seduto su un’asina e su un puledro, figlio di una bestia da soma» (Mt 21,4-5).
Gesù è Re, ma non alla maniera umana. Lui non viene in mezzo a noi su un cavallo da guerra e con un grande esercito al suo seguito per uccidere i nemici. Non viene per insegnarci la violenza delle armi chimiche e dei cacciabombardieri, ma per portare il perdono e la pace. Gesù dona la vita, non la toglie. Non crocifigge nessuno, ma si lascia crocifiggere per insegnare a tutti che è possibile trasformare ogni croce in un dono di amore per la salvezza di tante anime.
La mitezza di cui parla il Vangelo è capacità di sopportare ogni angheria per rimanere fedeli alla volontà di Dio. Gesù è Re che non si lascia vincere dal male che si abbatte su di lui. Gli insulti, le derisioni, gli sputi, le spine, i chiodi e la croce non gli impediscono di offrire se stesso come sacrificio di soave odore al Padre perché il peccato dell’uomo, che è disobbedienza e autodeterminazione idolatrica, venga sconfitto. Gesù non si è stancato. Non è venuto meno. È salito in cima al Calvario. Ha perseverato sino alla fine nel compimento perfetto di tutto ciò che il Padre gli ha comandato di fare.
La caratteristica per eccellenza della regalità di Cristo è senza dubbio l’obbedienza a Dio Padre. In essa Gesù consuma la sua esistenza e in essa Gesù fa di tutto per portare ogni uomo e in particolare i suoi discepoli.
Se vogliamo celebrare santamente la Domenica delle Palme, dobbiamo cogliere questa verità. Altrimenti saremo come le folle di Gerusalemme che poco tempo dopo si lasciarono corrompere dalla malvagità dei Sommi Sacerdoti e chiesero a Pilato che rilasciasse per loro un assassino di nome Barabba. Le folle – o comunque molti tra loro – vedevano Gesù come un Messia glorioso e non crocifisso. Lo vedevano come un rivoluzionario che avrebbe sconvolto l’ordine sociale liberandoli da ogni oppressore che rendeva la loro vita alquanto difficile e sofferta. Si aspettavano da lui gesti eclatanti che mettessero a tacere i potenti di questo mondo.
Ma Gesù non è un Messia di questo tipo. Il puledro figlio di asina che cavalca lo testimonia. Egli instaura il suo Regno lentamente, seminando nei cuori la Parola del Vangelo e portando su di sé il peso dell’umanità peccatrice che genera sofferenza e dolore. La ricomposizione dell’uomo non è cosa facile. Le bombe non servono e non risolvono i problemi. Ci vogliono anni di duro lavoro accompagnati da una costante preghiera e dalla perenne offerta di se stessi a Dio che solo conosce la via migliore di tutte per amare.
Gesù entra a Gerusalemme e cerca anime elette, pronte al martirio e disposte a diventare con lui un unico mistero di amore crocifisso perché il mondo creda che solo Lui è Via, Verità e Vita. Sarebbe bello che ciascuno di noi fosse una di queste anime, una piccola scintilla del suo amore che dirada le tenebre dell’oscura notte che oggi avvolge l’umanità.
La Vergine Maria, Regina dei martiri e Sovrana del Cielo e della terra, interceda per noi e conceda questa grande grazia a noi e a tutta la Chiesa.