Gesù è il Dono che il Padre ha fatto al mondo intero perché si possa salvare, passando dalle tenebre alla luce, dal peccato alla vita di grazia, dall’idolatria all’adorazione del vero e unico Dio, Signore del Cielo e della terra.
Queste le parole del Vangelo che conosciamo e che risultano in tal senso assai eloquenti: «Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna» (Gv 3,16).
Oltre questo Dono non si poteva, non si può e non si potrà andare. In Cristo infatti tutto Dio si è dato a noi nella sua divinità e nella sua umanità purissima, immacolata, crocifissa e risorta. Se pensassimo ad esempio all’Eucaristia, a Chi teniamo tra le mani al momento della Comunione e a Chi mangiamo un istante dopo, rimarremmo veramente stupefatti e ci tremerebbero le gambe.
L’Eucaristia è il Figlio dell’Altissimo, il Crocifisso risorto, il nostro Creatore e Redentore. È Colui dal quale siamo per creazione e per sussistenza, dall’inizio del nostro essere nel tempo e in ogni istante del nostro pellegrinare terreno. In lui vivremo anche per tutta l’eternità, se persevereremo sino alla fine nell’obbedienza ad ogni suo comando.
Cristo è per noi tutto. È l’Alfa e l’Omega, il principio e la fine di ogni storia. È questo un mistero insondabile che nessuna mente umana poteva concepire e che rimane sempre infinitamente oltre la nostra pochezza.
Una verità va insegnata oggi più che mai: Gesù non è dato a noi una volta per sempre. Non possiamo cioè dire di averlo “fatto nostro” sol perché ci siamo accostati al Banchetto eucaristico una o più volte nella nostra vita. Tanto meno può fare una simile affermazione chi si accosta assai raramente all’Eucaristia, magari senza neanche passare prima attraverso il Sacramento della Confessione e con il cuore impuro e incancrenito nel peccato.
Gesù vuole donarsi a noi ogni giorno. E lo vuole fare in modo sempre nuovo, più pieno, più perfetto. Si dona a noi oggi, ma il suo mistero che diventa il nostro è sempre da conoscere, contemplare, amare, vivere e realizzare un po’ di più. In tal senso la vita cristiana è perenne dinamismo cristocentrico verso la perfetta conformazione al Figlio dell’Altissimo.
Guai a noi quando ci sentiamo arrivati! Guai a noi quando pensiamo di aver raggiunto la meta e pretendiamo di essere già in cima alla vetta della santità. Valgono per noi le parole di Gesù, che dovrebbero farci seriamente riflettere: «Guai a voi, che ora siete sazi, perché avrete fame» (Lc 6,25).
Bisogna sempre camminare per Cristo, con Cristo e in Cristo, sforzandosi ogni giorno di vivere ogni singola pagina del Vangelo e lasciandosi guidare dallo Spirito Santo senza opporre resistenza. E questo senza temere l’uomo che sempre vuole asservire alla sua volontà le anime ergendosi a “signore” dell’universo intero.
Non dimentichiamolo: come Gesù, anche noi siamo tentati ogni giorno perché usciamo dalla legge dell’obbedienza alla volontà di Dio e consegniamo la nostra vita al male. Per tale motivo ci serve l’Eucaristia: per avere la forza di radicarci nel cuore di Cristo, senza lasciarci condizionare da niente e da nessuno.
Il ricevere il Dono e il farsi dono in Lui sono due dimensioni coessenziali. L’una non ha senso senza l’altra. Si mangia l’Eucaristia per diventare cristiani eucaristici, esistenze donate al Padre celeste ad immagine di Colui che chiamiamo Signore. Si ascolta la Parola di Dio per metterla nel cuore e lasciarsi purificare i pensieri dalla sua interiore efficacia salvifica.
La ricomposizione di queste due dimensioni coessenziali nella vita del cristiano è una delle urgenze dei nostri giorni e da essa bisogna partire. Non da soli, ma con la Chiesa e nella Chiesa, sempre guidati dai Pastori che sono in essa mediatori necessari di verità e grazia. Il Sacerdote infatti fa l’Eucaristia, ma rende anche possibile – nell’esercizio sapiente del suo ministero – il processo di eucaristicizzazione del cristiano, senza il quale nessuna salvezza è possibile.
Che la Vergine Maria, Madre del Figlio dell’Altissimo e Madre nostra, ci aiuti, ci prenda per mano e apra i nostri occhi ancora troppo chiusi e incapaci di comprendere la nostra altissima vocazione.
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