La Parola di Dio è efficace, viva e penetrante. Essa partecipa dell’onnipotenza creatrice del suo Autore e cambia la storia, anche se non in un presente immediato. Lentamente, nell’invisibilità che le è propria, opera nel cuore di chi l’accoglie e apre gli occhi alla contemplazione delle opere meravigliose che Dio compie per la salvezza dell’uomo.
Non è un caso che Gesù la paragoni al seme che deve essere gettato nel terreno con quella fiducia che al tempo opportuno produrrà i frutti sperati (cf. Mt 13,1-9.18-23).
Il cristiano deve sapere che senza il dono della Parola non c’è vera missione, perché si lasciano i cuori vuoti. È come se si volesse che un terreno arido producesse senza alcuna semina e senza alcuna preparazione previa. Deve altresì sapere però che tutto ha bisogno di tempo. L’immediatezza non ci appartiene.
«Gli dissero allora i Giudei: “Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?”. Ma egli parlava del tempio del suo corpo. Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù» (cf. Gv 2,13-25).
Gesù parlava, annunciava il suo mistero di morte e resurrezione in svariate occasioni e in infiniti modi, ma non era compreso. I suoi interlocutori, discepoli compresi, erano su un’altra lunghezza d’onda e avevano la mente annebbiata dai pensieri del mondo. E così, invece di vedere ogni cosa con gli occhi dello Spirito Santo, la vedevano con gli occhi della terra. Tra Gesù e i suoi discepoli vi era un’incomunicabilità di fondo. Sembrava che si parlassero due lingue totalmente diverse, che nulla avevano in comune tra loro.
Ma non per questo Gesù si perdeva d’animo. Lui sapeva bene che i tempi della pastorale sono lunghi, assai lunghi. Il cuore dell’uomo non è un terreno sgombro da sassi e spine. Spesso è asfalto impenetrabile che non lascia passare neanche un piccolo granello di senapa. Ma bisogna insistere e non darsi per vinti, sapendo che la Parola seminata produrrà frutto e la vita sboccerà sulla terra.
Nel Vangelo di questa terza Domenica di Quaresima è detto con estrema chiarezza che i discepoli, dopo la resurrezione di Gesù, si ricordarono delle parole che Egli aveva pronunciato al Tempio di Gerusalemme. In quella particolare occasione non compresero nulla, ma poi la loro mente si aprì e credettero alla Scrittura e a ciò che aveva detto il loro Maestro.
Questo particolare non è affatto secondario per noi che siamo spesso affannati e delusi mentre lavoriamo nella Vigna del Signore. Quante volte vogliamo che chi ci ascolta comprenda subito ciò che diciamo, si converta, faccia ammenda dei suoi peccati, cambi vita! Quante volte ci scoraggiamo poiché non vediamo subito i frutti delle nostre fatiche! La tentazione di tirare i remi in barca è sempre alle porte.
Gesù oggi ci insegna che la nostra preoccupazione non deve essere quella di vedere i frutti. Dobbiamo piuttosto impegnarci con tutte le nostre forze a vivere la Parola di Dio, sotto la potente mozione dello Spirito Santo, e annunciarla a tutti con sapienza e amore per essere veri profeti del Dio Altissimo.
Non è un dramma se non vediamo i frutti del nostro lavoro, ma se non seminiamo il Vangelo nei cuori o lo seminiamo deturpato nella sua bellezza dal nostro peccato. Questo sarebbe il nostro fallimento, la nostra sconfitta, il nostro tracollo spirituale ed esistenziale.
Gesù non vuole che la sua Parola muoia in noi, né che noi la stravolgiamo nella sua verità comportandoci da mercanti nel Tempio che invece di edificare il Regno di Dio lo distruggono con la loro falsa profezia. Purifichiamo dunque la nostra fede, e chiediamo ogni giorno al Signore l’obbedienza perfetta alla mozione dello Spirito Santo perché solo in essa la religione è vera, sapiente, efficace.
Ci aiuti Maria Santissima, nostra Madre celeste, e ci ottenga un cuore semplice che si lasci abitare dalla grazia di Dio.
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