Appare assai strano, nella Solennità dell’Epifania, che tutta Gerusalemme sia rimasta turbata dalle parole dei Magi che chiedevano dove fosse nato il Re dei Giudei; e se il turbamento è naturale, dinanzi ad un’opera grandiosa di Dio, non lo è però l’atteggiamento di sordità e disinteresse che ne seguì.
Chiediamoci dunque: perché tutto questo?
La risposta è semplice: il lavoro di “evangelizzazione” degli scribi e dei capi dei sacerdoti era fallimentare e addirittura dannoso. Come si capirà più avanti, quando Gesù inizierà la sua missione pubblica, costoro invece di formare secondo verità le coscienze curavano i propri interessi e coltivavano la superbia e l’idolatria. Il popolo aveva bisogno di luce e loro davano tenebra.
Il Vangelo però non parla ai gerosolomitani di ieri né è un resoconto ordinato che serve per scrivere un libro di storia da riporre negli scaffali di una biblioteca. Parla ai credenti di oggi, a coloro che desiderano essere discepoli di Gesù. Proprio costoro devono convincersi di avere bisogno di Sacerdoti sapienti che sappiano illuminare la via, ognuno secondo la sua specifica responsabilità.
La loro parola deve essere più luminosa della Stella cometa, deve brillare di giorno e di notte perché tutti possano rimanere attratti dal suo splendore e venire condotti alla Capanna di Betlemme dov’è nato il Re dei re.
Ogni battezzato, per il suo più grande bene, deve pregare molto per la santità dei Sacerdoti e instaurare con essi la giusta relazione di fede, consapevole che il gregge ha bisogno del pastore. Del resto anche la profezia citata dagli scribi, interpellati da Erode, rimanda a questo tema: «E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero l’ultima delle città principali di Giuda: da te infatti uscirà un capo che sarà il pastore del mio popolo, Israele» (Mt 2,6).
Gesù è presentato oggi come il pastore del popolo di Dio, un pastore amorevole e sapiente che dona la vita per le sue pecorelle e le difende dai lupi e dalle bestie feroci. Di lui ci sarà sempre bisogno, in ogni luogo della terra. Ma lui, per operare, ha bisogno di Sacerdoti che lo sappiano imitare e che si lascino condurre dal suo Santo Spirito.
Per questo motivo, tutta la Chiesa, deve avere a cuore la nascita di nuove vocazioni al Sacerdozio e la crescita in sapienza e grazia di quanti già hanno risposto alla chiamata.
Ognuno deve porre ogni attenzione a non banalizzare l’identità e la missione del Sacerdote che non può essere ridotto ad un operatore sociale o ad un cantastorie. Il Sacerdote va aiutato da tutti ad entrare sempre più nell’altissimo mistero che lo avvolge e che ne fa un alter Christus.
Tuttavia la questione si fa in tal senso difficile, perché la cultura contemporanea – e anche molta falsa teologia, “collega” della mentalità laicista più sfrenata – non vede il Presbitero come il pastore del gregge. Lo considera un ufficiale del sacro, un personaggio di facciata, una specie di laico vestito da prete o chissà cos’altro. E questa visione errata non aiuta nessuno né riempie le Parrocchie! Aiuta soltanto la distruzione della Chiesa e la perdizione di molte anime.
La Solennità dell’Epifania ci aiuti a vedere quel Bambino che è nato a Betlemme come il Buon Pastore che ama le sue pecorelle, ma al tempo stesso ci aiuti a credere nel Sacerdote e nella sua missione. Che nessuno di noi dimentichi che la Stella Cometa è un fatto straordinario, mentre il Sacerdote è la via ordinaria per conoscere Cristo secondo verità e poterlo adorare.
La Vergine Maria, insieme a San Giuseppe, interceda per noi affinché tutti apriamo gli occhi e guardiamo ogni cosa secondo il cuore di Cristo.
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