La salvezza è frutto della fede in Cristo Gesù. Essa non è data a tutti indistintamente. È offerta, ma non data. Questo perché l’uomo è creatura particolarissima dotata di volontà e dunque di libero arbitrio. Può scegliere la luce o le tenebre, la verità o la falsità, la salvezza o la perdizione.
Dio ci rispetta sempre, e pertanto non si rapporta con noi come se fossimo burattini nelle sue mani. Bussa alle porte del nostro cuore perché senza di lui non possiamo essere salvati, ma non le sfonda. Ci cerca in mille modi perché ci ama, ma ha bisogno della nostra collaborazione con la sua grazia, del nostro “sì”.
Se noi crediamo in Cristo, Cristo ci salva. Se noi non crediamo in lui e preferiamo camminare con i nostri pensieri e con quelli del mondo, Cristo non ci salva. Non perché non voglia, ma perché non può poiché noi non vogliamo.
È questa la legge della storia della salvezza e noi non possiamo negarla o pretendere di abolirla. Piuttosto dobbiamo essere saggi e accoglierla, comportandoci di conseguenza.
Il Vangelo è a tal riguardo quanto mai chiaro, così come tutta la Sacra Scrittura. Gesù chiamava tutti a conversione, senza fare preferenze di persone. Anche coloro che erano messi al bando come gente maledetta e da condannare a morte, diventavano oggetto della sua misericordia. Pensiamo a Zaccheo, a Matteo il pubblicano, alla donna adultera che stava per essere lapidata e persino agli stessi farisei e al ladrone crocifisso. A tutti Gesù offriva la salvezza, con amore e facendo ogni cosa con grande sapienza. Tuttavia, dinanzi all’incredulità dell’uomo, Egli si fermava e addirittura si meravigliava (cf. Mc 6,1-6).
In una società paradossale come la nostra, questa verità va annunciata con forza. Non possiamo dire che la morte e resurrezione di Gesù è sufficiente perché ogni uomo sia salvato a prescindere dalle sue scelte. Questo equivarrebbe ad essere testimoni falsi del Dio Altissimo. Equivarrebbe a condannare l’uomo alla morte eterna, giustificandone ogni abominio e peccato.
Il peccato, infatti, non è forse rifiuto della grazia che Cristo ci ha procurato con la sua morte in croce? Non è forse preferire le tenebre alla luce per continuare a compiere opere malvagie?
È necessario prendere in seria considerazione le parole del Vangelo di questa quarta Domenica di Quaresima, senza svuotarle della potenza dirompente che esse contengono:
«Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio. E il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie» (Gv 3,17-19).
Si badi bene che se è vero che Gesù non è venuto a condannare l’uomo ma a salvarlo, è vero anche che chi non accoglie Cristo come suo Redentore e Signore è già condannato a causa della sua “non fede”. Tutti infatti siamo già morsi dal serpente antico. Il veleno mortale è già in circolo. Ora, se noi non guardiamo con fede il Crocifisso e non crediamo in Lui, se non ci lasciamo guarire dalla sua grazia, se non ascoltiamo la sua voce, il veleno ci ucciderà. È solo questione di tempo.
La tentazione infatti è una: considerare inutile Cristo Signore, vederlo come un elemento accessorio nella vita dell’uomo, pensare che senza di lui si possa vivere felici ed essere salvati.
Ripeto quanto detto nell’incipit di questo articolo: la salvezza è offerta a tutti, ma non è data a tutti. È solo per coloro che accolgono nella fede Cristo Signore come unico Redentore dell’uomo e, diventando suoi discepoli, aiutano gli altri a fare lo stesso. Se Cristo rimane fuori dal nostro cuore e tutto il nostro essere non si conforma pian piano al suo, noi siamo fuori della salvezza. Non perché Dio o la Chiesa ci abbiano esclusi, ma perché noi non abbiamo voluto essere salvati. La responsabilità è nostra e di nessun altro.
La Vergine Maria, che più di tutti ha accolto Gesù nel suo cuore, ci aiuti ad imitarla affinché siamo salvati e diventiamo al contempo strumenti di salvezza per l’umanità intera.
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