La coronazione di spine di Gesù manifesta in modo eminente la crudeltà dei Soldati romani. Senza alcuna pietà essi insultarono quel povero prigioniero e si presero gioco di lui. Lo sputarono, lo percossero, lo bendarono, lo fustigarono e lo ridussero a un re da burla.
Agirono da vili perché si accanirono con violenza inaudita contro un uomo innocente e indifeso, solo e abbandonato da tutti. Tutto questo deve farci riflettere perché comprendiamo quanto accade quando l’uomo vive lontano da Dio e dalla sua grazia. Il cuore diventa di pietra granitica, la coscienza si ottenebra e l’intelligenza viene usata per progettare il male e compiere i più terribili abomini e i più efferati delitti. La superbia, l’arroganza, l’orgoglio e il rancore hanno il sopravvento e l’altro viene privato di ogni dignità e ridotto ad oggetto su cui sfogare i propri istinti. È triste ma è così: l’uomo che è capace di amare sa anche essere spietato e crudele. Le guerre, i soprusi, le ingiustizie, le estorsioni, le mafie, il commercio di organi, le stragi e cose del genere sono ancora oggi vita quotidiana nella storia degli uomini.
Se vogliamo spezzare questa catena di male dobbiamo partire da Cristo e dal suo Vangelo. Altre vie non ce ne sono perché solo Lui può cambiare un cuore con l’onnipotenza della sua grazia. L’errore più grande della nostra società è quello di volere un uomo nuovo ma senza Cristo e senza Chiesa. Questa è vera follia.
Gesù accettò con grande mitezza quanto gli capitò. Non si ribellò e affidò la sua causa al Padre celeste. Egli sapeva che quella era la via della Redenzione e per questo offrì se stesso in piena consapevolezza per togliere il peccato del mondo. Sempre Gesù ebbe il pieno dominio della storia e degli eventi. La sua offerta è vera oblazione volontaria. Se avesse voluto avrebbe potuto fuggire o chiedere al Padre “dodici legioni di Angeli”. Ma era giunta l’ora di portare a compimento l’opera con la consacrazione di sé sull’altare della croce nell’Amore che salva e redime.
La morte di Gesù non fu un imprevisto o un incidente di percorso. La potenza della Redenzione sta in questo amore perfetto che decide di pagare per gli altri e diventa vera espiazione vicaria. Innocente e santissimo, Gesù, ha preso su di sé le conseguenze del nostro peccato sin dal primo momento dell’Incarnazione e ne ha sperimentato l’atroce sofferenza che ne deriva, trasformando il dolore in opera salvifica. Anche noi come lui non dobbiamo sciupare la sofferenza, ma assumerla in piena consapevolezza e offrirla al Padre in Cristo per la salvezza del mondo intero.
Coronato di spine, flagellato e percosso dai soldati, Gesù è presentato al popolo da Pilato con queste parole: «Ecco l’uomo!» (Gv 19,5). Nella teologia di San Giovanni tutto ciò ha grande importanza: Gesù è posto dinanzi a noi e al mondo intero come il prototipo dell’uomo nuovo che vince il male con il bene.
I Sommi Sacerdoti, Pilato, i Soldati e la folla sono tutti schiavi della loro stoltezza, superbia, concupiscenza, sete di gloria umana, odio, rancore, arroganza e malvagità. Gesù al contrario è l’uomo libero, capace di amare nel dono totale di sé. Mentre tutti sono sconfitti dal male che abita nella natura decaduta dell’uomo e fuori di essa, Gesù è il vero vincitore perché la tentazione e il peccato non hanno nessun potere su di lui.
Imitiamo Gesù e lasciamo che lo zelo per la casa del Padre nostro celeste ci divori tanto da farci essere ogni giorno di più: liberi, obbedienti, poveri in spirito, miti, umili, misericordiosi, giusti e pazienti, immagine viva della santità di Dio nel mondo. È questa la via dell’evangelizzazione. È questa la via della vittoria della grazia sul peccato e sulla morte.
Domande di riflessione:
Cosa accade quando l’uomo vive lontano dalla grazia di Dio? La crudeltà assume diverse forme. Sapresti fare qualche esempio al riguardo? Perché i Soldati romani hanno peccato? Quando l’amore diventa capace di produrre salvezza? Quando accade che sciupiamo la sofferenza? Cosa significa che Gesù è l’immagine dell’uomo nuovo? Sapresti dire in quale delle sue Lettere San Paolo parla dell’uomo vecchio e dell’uomo nuovo e in che termini?