Il cristiano non deve mai perdere la speranza. Mai. Anche se tutto precipita, anche se lo travolgono fiumi impetuosi, lui non deve mai abbattersi.
I momenti difficili ci sono e ci saranno per tutti, ma non devono essere l’ultima parola sulla nostra vita.
Noi sappiamo nella fede che il Signore è onnipotente. Lui può aprire una strada nel deserto, come ha fatto con gli Ebrei. Costoro erano in grave pericolo. Il Faraone e il suo esercito stavano per arrivare. Da un lato un mare chiuso, non navigabile, assai profondo. Dall’altro una schiera di malvagi con lance, spade e frecce affilate.
Non vi era alcuna possibilità di poter sopravvivere. Nessuno avrebbe potuto sconfiggere un solo egiziano. Ma il Dio del Cielo e della Terra intervenne, e con mano potente e braccio teso salvò il suo popolo. Come prode valoroso schiacciò in un istante il Faraone e i suoi servi, perché nessuno può competere con Colui che ha in mano le sorti della storia.
Stupenda fu quella vittoria. E stupenda sarà ogni vittoria del Signore se il cristiano confiderà in lui, spererà contro ogni speranza, rimarrà saldo nella fede, crederà che l’onnipotenza dell’Altissimo è capace di creare la salvezza laddove tutto è perduto.
Il cristiano non deve mai perdere la speranza. Deve imparare a rifugiarsi nel Signore. È Lui lo scudo, la potente salvezza e il baluardo di coloro che lo invocano con cuore sincero, ferito, sofferente, desideroso di fare la sua volontà e di rendere gloria a Lui.
Gesù ce l’ha insegnato. Anche lui conobbe l’angoscia. Prima della sua Passione dolorosissima conobbe la tristezza dell’anima. Ma si rifugiò nel cuore del Padre suo. Invocò il suo aiuto. Si immerse nella fornace dello Spirito Santo e ne uscì forte, sereno, determinato ad offrire se stesso come olocausto di amore che salva.
Dinanzi alle prove della vita, quando ci travolgono torrenti infernali, dobbiamo alzare gli occhi al Cielo e gridare al Signore, nostro unico Salvatore.
Lui ascolterà il nostro grido e verrà in nostro soccorso. Con il suo tempo interverrà e ci libererà dai lacci degli inferi.
Non dobbiamo mai disperare. Non dobbiamo mai gettare la spugna. Non dobbiamo mai dire: “per me è finita per sempre”. Piuttosto rinsaldiamoci nella fede e trasformiamo la nostra vita in carità crocifissa. E se anche il martirio dovesse esserci chiesto, diciamo “sì” a Colui che ha il potere sulla vita e sulla morte.
La croce non è l’ultima parola sulla vita del cristiano che ha fede in Gesù, che ascolta la sua voce, che è disposto a fare “qualsiasi cosa lui chieda”. La croce è la scala che conduce in Cielo, che eleva la nostra condizione umana, la purifica, la redime, la rende pienamente partecipe della vita divina.
“Nell’angoscia ti invoco: salvami, Signore”. Queste parole stupende facciamole nostre, e nei momenti più difficili della nostra vita e della nostra missione recitiamo con tutto il cuore il Salmo 17 (18) che la Chiesa ci propone nella odierna Liturgia.
Il Signore combatterà con noi come prode valoroso e vinceremo la battaglia, perché nessuno può sconfiggere il suo amore:
Ti amo, Signore, mia forza, Signore, mia roccia, mia fortezza, mio liberatore. Mio Dio, mia rupe, in cui mi rifugio; mio scudo, mia potente salvezza e mio baluardo. Invoco il Signore, degno di lode, e sarò salvato dai miei nemici. Mi circondavano flutti di morte, mi travolgevano torrenti infernali; già mi avvolgevano i lacci degli ìnferi, già mi stringevano agguati mortali. Nell’angoscia invocai il Signore, nell’angoscia gridai al mio Dio: dal suo tempio ascoltò la mia voce, a lui, ai suoi orecchi, giunse il mio grido (Sal 17).
Affidiamo alla Vergine Maria, nostra Madre e Regina, la nostra vita, quanti sono nella grande sofferenza, i perseguitati a causa del Vangelo e l’umanità intera. Ella ci sostenga con il suo amore di Madre e ci doni tanta pace.