La salvezza delle anime costa il sacrificio del cristiano. È stato così per Gesù, è così per ciascuno di noi. Nessuno può pensare ad una missione indolore, senza sofferenza, senza martirio, perché “senza spargimento di sangue, non c’è Redenzione” (cf. Eb 9,22).
«In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto» (Gv 12,24).
La ragione profonda di questa dinamica soteriologica è insita nella verità dell’amore. Esso non è da intendersi – secondo quanto oggi si insegna in molti casi – come un insieme di passioni disordinate o un assecondare i propri sentimenti e le proprie emozioni senza alcuna legge morale. L’amore non è tutto questo. È invece dono sofferto e totale di sé, perché la vita nasca e si sviluppi fino alla sua pienezza.
Chi ama, è capace di sacrificio. Del resto, se ci pensiamo, questa verità è evidente nella vita di tutti i giorni. Una madre ama i propri figli e per loro è disposta a pagare qualsiasi prezzo pur di vederli felici. Un giovane ama uno sport e per praticarlo è capace di sottoporsi a duri allenamenti per lungo tempo pur di raggiungere i risultati sperati. Un gruppo di tifosi ama la propria squadra di Calcio e pur di partecipare ad una partita allo Stadio viaggia di notte dopo una lunga giornata di lavoro e, se necessario, non dorme affatto pur di non mancare all’appuntamento. La stessa cosa vale per il Concerto di un cantante famoso: quante ore in piedi, quanti disagi, quanta sofferenza…
Gli esempi potrebbero essere tanti. Ognuno faccia quelli che più ritiene opportuni. Ciò che mi preme far notare in questa sede è che amore e sacrificio sono tra loro intimamente connessi.
Nasce però una domanda importante alla quale bisogna rispondere. Qual è il passaggio da farsi in un’ottica di fede? Semplice. Bisogna orientare l’amore nella giusta direzione che è una sola: la volontà di Dio. L’uomo è capace di amare, ma purtroppo spesso lo fa con un cuore inquinato dal peccato. Si ama ciò che è trasgressione della Legge di vita che il Signore ha dato all’uomo, e così ci si fa del male e si fa male agli altri. Si consuma una vita intera e la si sciupa coltivando funghi velenosi, che sono belli a guardarsi ma che al minimo contatto uccidono l’anima, il cuore, lo spirito e il corpo.
Essere “chicco di grano che caduto in terra muore e porta molto frutto” significa entrare e rimanere nella terra fertile della volontà di Dio. Solo in essa l’amore trova la sua verità, cresce fino a raggiungere la sua pienezza, è capace di generare vita. In qualsiasi altro terreno, l’amore è falso, bugiardo, assai imperfetto, sterile.
In questa quinta Domenica di Quaresima siamo invitati a volgere il nostro sguardo verso Gesù Crocifisso. Solo così potremo passare da un amore falso ad un amore vero, da una visione terrena ad una visione celeste del sacrificio a cui siamo chiamati per generare vita e produrre salvezza.
La Vergine Maria, nostro Rifugio e nostra Forza, che ha amato e sofferto sempre radicata nella volontà di Dio, ci aiuti e ci sostenga affinché possiamo imitarla.
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