«Chi ama padre o madre più di me, non è degno di me; chi ama figlio o figlia più di me, non è degno di me; chi non prende la propria croce e non mi segue, non è degno di me» (Mt 10,37-38).
Gli ostacoli che possono impedirci di servire il Signore sono infiniti. Pensieri fugaci, convinzioni profonde che albergano nel nostro cuore, sofferenze di molteplice natura, rispetto umano, timore di essere perseguitati, affanni della vita, attaccamento alle ricchezze, pregiudizi, cattive abitudini, vizi e mille altre cose. Sono ostacoli legati alla nostra persona oppure derivanti dall’ambiente in cui viviamo e dalle relazioni che abbiamo con gli altri.
Satana si serve di tutto perché noi non serviamo il Signore. Egli è talmente astuto da organizzarsi affinché noi non ci organizziamo e alla fine ci troviamo a dover rincorrere il vento tutto il giorno senza trovare il tempo da dedicare alla nostra anima e all’edificazione del Regno di Dio. Egli è talmente astuto da confondere la nostra mente ed impedirci di distinguere ciò che è volontà di Dio da ciò che non lo è, ciò che di primaria importanza e ciò che invece è secondario, ciò che è opportuno fare da ciò che è preferibile tralasciare in un particolare momento della nostra vita o della nostra giornata. Siamo in costante pericolo e dobbiamo sapere che solo chi è colmo di Spirito Santo può superare questo stato di cose e rimanere perennemente nel perfetto compimento della volontà di Dio:
In particolare, in questa XIII Domenica del Tempo Ordinario, siamo invitati a pensare che la tentazione può venire anche dalle persone che più amiamo: marito, moglie, figli, cugini, parenti di ogni ordine e grado, amici ed amiche. Tutti, veramente tutti, possono essere per noi voce contraria alla volontà di Dio e possono condizionarci perché noi tutto facciamo tranne ciò che Gesù ci chiede di fare. Nella Sacra Scrittura sono innumerevoli gli esempi che potrebbero farci comprendere questa verità tanto difficile da accettare.
Citiamone alcuni: chi tentò Adamo? Non il serpente, ma Eva. Fu la moglie a tentare il marito e a dargli del frutto dell’albero della conoscenza del bene e del male. Lei che Adamo considerava “ossa dalle mie ossa e carne dalla mia carne” (cf. Gn 2,23) e di cui si fidava ciecamente. Lei che avrebbe dovuto aiutarlo a camminare nella fede, finì per farlo sprofondare nella più grigia delle disobbedienze.
Chi tentò Abramo a dubitare della promessa che Dio gli aveva fatto tanto da indurlo ad unirsi con la schiava Agar da cui poi nacque Ismaele, e con lui tanta sofferenza? La moglie Sara (cf. Gn 16). Ella vacillò nella fede e fece vacillare anche il marito.
Chi torturò Giobbe con parole insipienti e accuse infamanti invece di aiutarlo ad aprirsi al mistero che si stava compiendo nella sua vita? Gli amici, se così possiamo chiamarli.
E in ultimo, chi tentò Gesù invitandolo a non andare a Gerusalemme per essere crocifisso? Pietro, principe degli Apostoli e discepolo entusiasta del divin Maestro.
Anche ai nostri giorni le cose, ovviamente, non sono affatto cambiate. Basterebbe pensare ad esempio a ciò che accade non di rado quando un giovane sente nel cuore la chiamata a diventare Sacerdote del Dio Altissimo. Molti genitori – grazie a Dio non tutti – sono i primi oppositori di questo grande dono e fanno di tutto per dissuadere il loro figlio da tale santo proposito. Si racconta che un Vescovo si sentì dire da un genitore il cui figlio aveva deciso di entrare in Seminario la seguente affermazione: «Eccellenza, mio figlio…meglio terrorista che prete!». La fonte è sicura. È storia vera e non inventata.
Ma che forse non sono le cattive compagnie che rovinano i giovani? Pensiamoci un istante. È in certi contesti “amicali e innocenti” che si prendono i vizi peggiori: fumo, alcool, droghe di ogni genere, vita immorale, imprudenze e follie che portano anche alla morte fisica. Sono i falsi amici troppo spesso il canale privilegiato attraverso cui Satana inocula nella mente di molti adolescenti, giovani e persino adulti, i suoi pensieri di morte che traviano gli animi e perforano le coscienze. E poi vai a scrostare tutto il residuo di peccato e di falsità che si è depositato nel cuore con l’aggressività e la pervasività della ruggine!
Qual è allora il messaggio da cogliere in questo Vangelo che la Chiesa pone alla nostra riflessione in questa Domenica? Il messaggio è semplice: dobbiamo riportare nella verità del Vangelo tutte le nostre relazioni interpersonali. In famiglia, a scuola, in Parrocchia. Tra parenti, amici, colleghi. Sempre e dovunque chi deve regnare è la volontà di Dio. Questa va ricercata, conosciuta, accolta, amata, vissuta fino in fondo. Non si è coniugi, genitori o figli, suoceri o generi o nuore, zii, nipoti, cugini o amici per tentarsi a vicenda; bensì per sostenersi nel cammino della fede, per esortarsi a vicenda nella realizzazione perfetta del progetto che Dio ha su ciascuno, mettendo da parte i propri progetti, le proprie vedute, i propri desideri. Ciò che il Vangelo di questa Domenica ci invita a fare è capire che noi non siamo “signori” della vita. Né della nostra, né di quella degli altri. Unico Signore della vita è Cristo Gesù e noi lui dobbiamo servire ponendoci in perfetta sintonia con la sua volontà che sempre deve trionfare, su di noi e su gli altri.
Ci sarebbe tanto da dire ancora. Ma per il momento ci fermiamo. L’importante è aver capito che ogni relazione personale deve essere vissuta nello Spirito Santo. Secondo la sua potente mozione che conduce nella volontà di Dio e non secondo il nostro cuore che spesso è intriso di pensieri stolti e progetti inutili e dannosi.
La Vergine Maria, Fortezza inespugnabile contro ogni attacco infernale, sia nostro scudo e nostra forza.
Per la liturgia della XIII Domenica Anno A clicca qui