L’evangelizzazione è un processo che richiede grande amore e infinita sapienza. La fede infatti non nasce all’istante, e va comunque rinsaldata ogni giorno e custodita da tutto ciò che potrebbe metterla in crisi. Annunciare una verità non basta, proclamare un evento di salvezza – fosse anche la Resurrezione di Gesù – non è sufficiente. Bisogna accompagnare con pazienza coloro che cominciano ad aprirsi al mistero di Cristo e non pretendere risultati immediati e tangibili.
Per tale motivo, ognuno di noi deve imitare Gesù risorto, che ha aiutato i suoi discepoli a credere in lui e nella sua Resurrezione.
«Mentre essi parlavano di queste cose, Gesù in persona stette in mezzo a loro e disse: “Pace a voi!”. Sconvolti e pieni di paura, credevano di vedere un fantasma. Ma egli disse loro: «Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa, come vedete che io ho» (Lc 24,36-39).
Gesù sapeva bene di avere dinanzi cuori confusi, smarriti, assai fragili, infestati dal dubbio e per certi versi anche sconsolati. Egli è partito da questo dato di fatto e non da progetti inventati a tavolino che non prendono in considerazione la storia concreta. Pertanto con grande amore si è fatto loro compagno di viaggio, e a più riprese li ha condotti verso la pienezza della fede.
Anche noi, dunque, dovremmo prenderci per mano gli uni gli altri, e imitare quelle madri che insegnano ai propri bambini a camminare. Non si tratta di forzare i tempi, ma di lavorare ogni giorno con sapienza, perché lo Spirito Santo operi con quella gradualità che lo caratterizza e di cui l’essere umano ha bisogno per natura.
Piuttosto che disperarsi se non si è creduti, bisogna perseverare e usare l’intelligenza per trovare, nello Spirito Santo, le forme e le vie migliori perché chi abbiamo dinanzi creda.
L’Apostolo del Signore lavora con tempi lunghi, assai lunghi. Egli deve fare tutto senza fretta e sempre seguendo le indicazioni che gli vengono date dall’Alto. Ciò che conta è infatti seminare bene oggi, senza cadere nell’ansia del successo immediato che non è affatto una felice alleata del Vangelo.
Può darsi persino che non saremo noi a vedere i frutti del nostro lavoro, perché non dobbiamo lavorare nella Vigna del Signore per un nostro tornaconto personale, bensì per la gloria di Dio e la salvezza delle anime (cf. 1 Cor 3,5-9).
Un’altra cosa però dobbiamo fare se vogliamo che i nostri interlocutori si aprano alla fede in Cristo: invocare con preghiera fiduciosa lo Spirito Santo perché intervenga e doni a tutti l’intelligenza delle cose del Cielo. Solo lui può compiere quest’opera perché solo lui ha le chiavi di ogni cuore:
«Allora aprì loro la mente per comprendere le Scritture…» (cf. Lc 24,45-48).
Bisogna che non confidiamo nelle nostre parole, o meglio che le nostre parole siano come le parole di Gesù che erano accompagnate dallo Spirito Santo, potremmo dire imbevute di lui. Chi parla e non invoca lo Spirito Santo perché operi in chi ascolta, è stolto. Confida in se stesso e non cava un ragno dal buco. Chi invece prega prima di aprire la bocca, è benedetto da Dio e con il tempo vedrà i risultati positivi della sua missione in mezzo agli uomini.
Dobbiamo convincerci che se nei cuori non opera lo Spirito Santo, le nostre parole rimangono oscure. Possono anche essere teologicamente perfette, ma l’altro non le comprende perché non è possibile comprendere con le sole forze umane il mistero di Cristo Signore, crocifisso e risorto per la nostra salvezza.
Preghiamo dunque tutti un po’ di più e chiediamo allo Spirito Santo che scriva, parli e operi in noi e attraverso di noi, ma anche operi in chi legge, ascolta e vede il frutto delle nostre fatiche apostoliche.
La Vergine Maria, Stella dell’Evangelizzazione e Donna sapiente, ci aiuti nella nostra missione, affinché per mezzo nostro la fede nasca nei cuori e la salvezza si compia in ogni dove.
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