Il quadro sociale disegnato dal profeta Amos, più di duemila anni fa, è quanto mai attuale. Il ricco calpesta il povero. Il potente sottomette il debole. L’ingannatore utilizza «bilance false per comprare con denaro gli indigenti e il misero per un paio di sandali» (cf. Am 8,4-7).
È la legge del più forte che hanno in molti e che conduce costoro ad offendere la dignità umana, mettere al centro il profitto e non il bene comune, fare a gara per accaparrarsi arbitrariamente le risorse primarie, che dovrebbero essere invece patrimonio di tutti. È la legge di chi si arroga il diritto di cosificare l’individuo, fino a usarlo per il raggiungimento dei propri scopi e il tornaconto personale.
L’inganno poi è da sempre stile di vita e di pensiero per uomini senza scrupoli che non guardano in faccia nessuno e sono abilissimi a confondere le menti, soprattutto quelle fragili.
Tutto questo accadeva al tempo di Amos e accade anche oggi, ma perché?
Le risposte che si danno sono molteplici. A mio giudizio però il motivo principale è che manca il santo Timor di Dio nel cuore di molti.
L’uomo non crede che a Dio dovrà rendere conto di ogni parola detta, di ogni azione compiuta, di ogni sopruso perpetrato a danno dei fratelli. Ci si può nascondere dinanzi alle Forze dell’Ordine, ai Magistrati, agli insegnanti, ai genitori, ai Parroci, ai sistemi di intelligence più avanzati. Ma non ci si può nascondere dinanzi a Dio che è infinitamente più potente di un drone di ultima generazione.
I suoi occhi sono sempre aperti e vigili, capaci di vedere nelle profondità del cuore dell’uomo, secondo quanto sapientemente afferma il Salmo: «Signore, tu mi scruti e mi conosci, tu conosci quando mi siedo e quando mi alzo, intendi da lontano i miei pensieri, osservi il mio cammino e il mio riposo, ti sono note tutte le mie vie. La mia parola non è ancora sulla lingua ed ecco, Signore, già la conosci tutta. […] Se dico: “Almeno le tenebre mi avvolgano e la luce intorno a me sia notte”, nemmeno le tenebre per te sono tenebre e la notte è luminosa come il giorno; per te le tenebre sono come luce» (cf. Sal 139).
Il Timor di Dio va insegnato oggi più che mai, senza pensare neanche per un istante che in tal modo si scandalizzano le persone – piccole o grandi che siano – o le si traumatizzano. Piuttosto questa via va percorsa per aiutare tutti ad acquisire una visione esistenziale sapiente, libera da false illusioni e da quell’ateismo ideologico e pratico che oggi impera in molti ambienti culturali.
Insegnare il Timor di Dio è opera di grande carità, perché è educare alla responsabilità, a pesare ogni scelta in funzione delle conseguenze che essa porta con sé e che riguardano tutti e si propagano di generazione in generazione. Insegnare il Timor di Dio non è fare della minaccia uno strumento per rendere schiave le persone, come purtroppo qualcuno sostiene, mentre accusa la Chiesa di medievalismo. È al contrario strategia educativa che rende libera la persona umana, perché la illumina con la verità del Vangelo che la rende capace di discernimento autentico, realistico, obiettivo.
Il libro del Siracide ci viene in aiuto, in tal senso, con l’elogio che fa del Timore del Signore: «Il Timore del Signore è gloria e vanto, gioia e corona d’esultanza. Il Timore del Signore allieta il cuore, dà gioia, diletto e lunga vita. Il Timore del Signore è dono del Signore, esso conduce sui sentieri dell’amore» (Sir 1,11-12)
Fino a quando l’uomo non impara a vivere in relazione con Dio, prima che con i fratelli e le sorelle, non ci saranno sistemi di pensiero e leggi morali che eviteranno le numerose ingiustizie a cui ogni giorno assistiamo.
Certamente il Timor di Dio da solo non è sufficiente. Come insegna l’Apostolo Giovanni nella sua Prima Lettera bisogna fare il passaggio all’amore vero (cf. 1 Gv 4,18). Ma se non si parte dal Timor di Dio, mancano le fondamenta dell’edificio cristiano. Neanche le leggi civili – che comunque vanno fatte – bastano per arginare la cattiveria che alberga nel cuore di tanti uomini e di tante donne. Come si dice varrà il famoso detto: “fatta la legge, trovato l’inganno”. Né tantomeno si può pensare di inasprire all’inverosimile le pene per risolvere il problema.
La via da percorrere è imitare Gesù che si è speso una vita intera per formare le coscienze con la luce del Vangelo, convertire i cuori, aiutare l’uomo a diventare ragionevole invece che a lasciarsi guidare dall’istinto.
Il Timor di Dio, oltre ad essere uno dei sette doni dello Spirito Santo, è e sempre rimarrà un caposaldo della retta educazione in vista della formazione integrale dell’individuo.
Quando la coscienza è assopita o lassa, bisogna fare di tutto per scuoterla, per svegliarla. Essa è un grande dono che il Creatore ha fatto all’uomo ed è per questo motivo che va fatta “funzionare” bene. Per se stessi, ma anche per il bene dell’umanità tutta. Quella società in cui si vive in modo irresponsabile, pensando di farla franca anche se si commette il male più orrendo, è una società in pericolo, che è simile ad un bambino che gioca in un covo di serpenti velenosi. Ignaro finirà presto per essere azzannato, non una volta sola e non da un solo serpente. Ha perciò vita breve e la sua rovina sarà grande.
Che ognuno di noi, secondo la propria vocazione e il proprio ministero, nella Chiesa e nella società, nelle Parrocchie e nelle Scuole, in ogni ambiente formativo, decida di insegnare a tutti il santo Timor di Dio, perché è da esso che bisogna partire per risollevare il mondo contemporaneo dalla prostrazione esistenziale e morale nella quale versa.
Ci aiuti in questa missione la Vergine Maria che con la sua vita ci ha insegnato quanto sia bello vivere ogni istante al cospetto di Dio, per non offenderlo mai e per fare tutto secondo la sua volontà, curando ogni singolo particolare e promuovendo il rispetto della dignità della persona umana, in particolare se fragile e indifesa.
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