La vera sapienza del vivere – XVIII Ord (C)

La vera sapienza del vivere – XVIII Ord (C)

«Vanità delle vanità, dice Qoélet, vanità delle vanità: tutto è vanità» (Qo 1,2).

Cosa vuol dire il libro del Qoélet con questa espressione? Vuole forse dire che la vita dell’uomo non ha senso e quindi siamo condannati all’infelicità? Oppure queste parole sono un elogio al pessimismo e al disfattismo, o alla filosofia del “mordi e fuggi”, perché tanto non serve affannarsi giorno e notte fosse anche per rendere il mondo migliore? Vuole indurre allo scoraggiamento dinanzi alla storia tanto dura, per tutti, a causa del peccato che è entrato in essa e la rende conflittuale e complicata?

Certamente Qoélet non vuole dire nulla di tutto ciò. Piuttosto il suo intendimento è affermare e far comprendere che il non senso, il pessimismo, lo scoraggiamento e la tristezza sono la conseguenza naturale di una visione della vita che scaccia Dio dal cuore e non coglie il suo amore eterno per ogni uomo. Essendo uomo saggio e realista, Qoélet vede ogni cosa con l’occhio dello Spirito Santo che squarcia ogni apparenza e vuole aiutare tutti ad acquisire tale sguardo, che è lo sguardo della fede.

Quanto attuale è questo libro! E quanto farebbe bene meditarlo con somma attenzione!

L’uomo contemporaneo infatti tende sempre più a separarsi dal suo Creatore e Redentore, e così diventa incapace di cogliere il mistero che lo avvolge e finisce per sciupare la sua breve esistenza terrena rincorrendo la vanità. Invece di alzare gli occhi al Cielo per entrare in relazione con Colui che solo dona senso alla sua vita, l’uomo contemporaneo preferisce rincorrere i propri pensieri, se non addirittura – più o meno consapevolmente – consegnare cuore e mente al serpente antico che sa come ingannarlo e portarlo fuori strada.

Il libro del Qoélet andrebbe meditato, perché esamina la vita dell’uomo nella sua più cruda tragicità e la legge in modo razionale, ma senza una prospettiva trascendente, in modo tale che chi è di buona volontà può rendersi conto di quanto necessario sia camminare in umiltà, con l’orecchio del cuore teso verso Dio – e dunque verso Cristo Gesù – perché sia Lui a rendere colmo di significato ogni singolo istante che ci è dato da vivere.

Temere il Signore, ascoltare la sua voce, osservare le sue Leggi, lasciarsi conquistare dal suo amore, questa è la vera sapienza del vivere, di cui tutti abbiamo bisogno. Quando invece si vive nell’immanenza, tanto da idolatrarla, la tristezza e l’insoddisfazione diventano nostre compagne di viaggio e lentamente nostre carnefici.

Tutto è vanità, se manca Cristo nel cuore, perché tutto smarrisce il suo fine ultimo. Non si vive in vista dell’eternità beata. Si è gente senza speranza. Si viene sopraffatti dalla delusione e dalla incompiutezza esistenziale. Ci si stanca di vivere. Si smette di combattere e ci si arrende dinanzi al male che avviluppa il mondo con i suoi tentacoli. Si arriva persino a vedere il peccato come via di soluzione alla propria insoddisfazione. Lo si giustifica e non ci si rende conto che così non si fa altro che peggiorare le cose.

Abbiamo tutti bisogno della Sapienza dello Spirito Santo per vedere la nostra vita come un’occasione preziosa per camminare verso la perfezione in Cristo a cui siamo chiamati, e non come una tragedia o una battaglia persa in partenza. Tale Sapienza la si deve chiedere ogni giorno nella preghiera, ma anche la si deve attingere nella Sacra Scrittura sotto la guida della Chiesa, nostra Madre e Maestra.

Entrare in una tale visione della vita è assai urgente, perché oggi troppo ateismo pratico e teorico vi è nei cuori. Il mondo della comunicazione, e moltissimi ambienti formativi, pullulano di pensieri che nulla hanno a che fare con il Vangelo, e questa non è una cosa buona. Cristo è messo da parte e considerato un nemico, Lui che invece è la ragione profonda del nostro essere ed esistere, Lui che il Rivelatore del Padre, il Redentore dell’uomo, il Liberatore unico e solo.

È accogliendo Gesù e il suo Vangelo, scegliendolo come Maestro e Signore, invocandolo con fiducia nei momenti di sconforto che si è liberati dalla schiavitù peggiore, che è quella di rincorrere la vanità pensando che in essa sia la vita, mentre vi è solo morte e disperazione.

È Cristo la nostra Pace, il nostro presente e il nostro futuro eterno, Colui che rende belle le nostre giornate con la sua luce, la sua grazia, il suo amore. Tutto è vano – se non addirittura peccaminoso – quando non è finalizzato all’edificazione del Regno di Dio, in noi e fuori di noi. È un rincorrere il vento (cf. Qo 4,4; 6,9 ecc), un affannarsi inutilmente, un coltivare un amore egoistico che non è il vero amore, perché non è donazione di sé a Dio e ai fratelli nella verità.

Che il Signore ci conceda il dono della vera Sapienza. Che apra i nostri occhi e ci faccia cogliere la bellezza della sequela di Cristo. Che metta nel nostro cuore il desiderio della vita eterna, traguardo a cui ogni uomo deve anelare per portare ogni giorno la propria croce senza cedere il passo allo scoraggiamento e alla disperazione.

La Vergine Maria, nostra Madre e Regina, interceda per noi e ci ottenga la grazia di vedere oltre ogni apparenza per non venire risucchiati nel vortice dell’illusione dei pensieri del mondo.

 

Clicca sul link seguente per la Liturgia della XVIII Domenica del Tempo Ordinario (C)