«Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, io vi dico, cercheranno di entrare, ma non ci riusciranno» (Lc 13,24).
In molti cuori e in molte menti vi è oggi un concetto sbagliato di salvezza. Questa è vista come un premio che il Signore dona alla fine della vita e non come un processo che deve durare per l’intero corso del nostro pellegrinaggio terreno.
In altre parole si pensa che tutto si possa fare nella vita e poi, quando si è avanti negli anni, dopo aver realizzato i propri progetti e desideri senza alcun riferimento alla volontà di Dio, ci si possa convertire in un istante per ricevere la ricompensa sperata.
Il Vangelo però, non pensa così. In esso è costante l’invito a non perdere tempo per pentirsi dei propri peccati – in pensieri, parole, opere e omissioni – ed emendare la propria condotta di vita. Lo dice Gesù, ma lo diceva già l’Antico Testamento con una chiarezza che lascia sbigottiti:
«Dopo che Giovanni fu arrestato, Gesù andò nella Galilea, proclamando il Vangelo di Dio, e diceva: “Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino; convertitevi e credete nel Vangelo”» (Mc 1,14-15).
«Non dire: “Ho peccato, e che cosa mi è successo?”, perché il Signore è paziente. Non essere troppo sicuro del perdono tanto da aggiungere peccato a peccato. Non dire: “La sua compassione è grande; mi perdonerà i molti peccati”, perché presso di lui c’è misericordia e ira, e il suo sdegno si riverserà sui peccatori. Non aspettare a convertirti al Signore e non rimandare di giorno in giorno, perché improvvisa scoppierà l’ira del Signore e al tempo del castigo sarai annientato» (Sir 5,4-7).
Separare la salvezza dal cammino quotidiano di conversione e santificazione è grande stoltezza. Il tempo è compiuto. Oggi bisogna sforzarsi di entrare per la porta stretta, di vivere il Vangelo in ogni sua parte, per non rischiare di sentirsi dire da Gesù: “Non so di dove siete” (cf. Lc 13,25-27).
Se non avremo vissuto la Parola ascoltata, a nulla serviranno le giustificazioni. Dinanzi al Giudice supremo non ci sono avvocati abili che ci aiuteranno a farla franca. Se oggi, in questa vita terrena, non facciamo la volontà di Dio, la porta del Paradiso – e anche quella del Purgatorio – rimarrà chiusa perché non siamo passati attraverso l’altra porta, quella del Vangelo.
Nella sua verità biblica, teologica e antropologica la salvezza è raggiungimento, per lo meno ricerca quotidiana, della perfezione che è chiesta ad ogni cristiano: «Siate perfetti, com’è perfetto il Padre vostro celeste» (Mt 5,48).
La perfezione di cui parla Gesù, però, non è dopo la morte. È perfezione nell’obbedienza alla Parola di Dio, alla mozione dello Spirito Santo, al mistero che il Padre dei cieli vuole realizzare con ciascuno di noi, nella conformazione a Lui, crocifisso e risorto.
In questa perfezione dobbiamo tutti crescere. Oggi, però. Domani è già tardi, perché oggi c’è una crescita in sapienza e grazia che possiamo e dobbiamo raggiungere, un gradino che dobbiamo salire per elevarci in santità.
Al momento della morte ci presentiamo dinanzi a Dio così come siamo. Nulla possiamo aggiungere o togliere alla nostra condizione, di peccato o di santità.
Sforziamo dunque, ogni giorno, senza perdere tempo, di entrare per la porta stretta del Vangelo, di mettere in pratica quanto ha scritto per noi lo Spirito Santo.
Con la grazia di Dio ce la faremo di certo, e dietro quella porta si aprirà per noi un mondo nuovo. La nostra umanità sarà gradualmente redenta e rigenerata e noi sperimenteremo personalmente, nei fatti e non in teoria, quanto dolce e soave è l’amore di Dio, la sua luce, la sua gioia, la sua pace.
La Vergine Maria, Madre della Redenzione, ci prenda per mano e ci ottenga dal Figlio suo Gesù l’entusiasmo di conoscere questo mondo nuovo e di esplorarlo nelle sue profondità.
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