Il cristiano è chiamato a dare compimento alla Redenzione, divenendo ogni giorno di più conforme al suo Maestro e Signore, Cristo Gesù.
La salvezza infatti non è data “già ora, per tutti e per sempre” e bisogna che in ogni tempo e in ogni dove ci sia chi la partorisce dall’alto della croce, vivendo in una sempre più perfetta obbedienza allo Spirito Santo e ad ogni parola che esce dalla bocca di Dio.
Ciascun cristiano, pertanto, deve sentirsi coinvolto, in prima persona, nel dinamismo redentivo e deve credere con tutte le sue forze che ciò che compete a lui nessun altro potrà farlo al suo posto.
Da qui la necessità di vivere il proprio ruolo nella storia della salvezza con quella crescita costante in santità, che è propria di ciascuno ed è intimamente legata alla propria vocazione e ai carismi che si possiedono.
La Redenzione, infatti, ha bisogno di tutti: Sacerdoti e laici, consacrati e coniugi cristiani, uomini e donne, giovani e adulti, sani e malati, gente famosa e gente sconosciuta. Tutti, insomma, non solo possono, ma anche devono alimentare il fiume di grazia e di verità che sempre deve sgorgare dal costato squarciato di Cristo Crocifisso. E nella comunione della santità, che è fatta di innumerevoli rigagnoli che confluiscono nell’unico fiume, è la forza della Chiesa che può veramente dare al mondo un’anima cristiana e dunque salvifica.
Perché ciò accada, però, bisogna che ciascuno si conformi sempre più a Cristo. Questo perché la Redenzione non è un fatto formale, ma ontologico ed esistenziale al tempo stesso. È un evento che coinvolge la natura del cristiano e dipende dalle sue scelte che devono essere conformi al Vangelo con piena avvertenza e deliberato consenso.
Per entrare a Gerusalemme, duemila e più anni fa, Gesù ha scelto un puledro figlio d’asina su cui nessuno era mai salito prima. Per entrare nei cuori, oggi, Gesù sceglie ciascuno dei suoi discepoli. Di loro ha bisogno e della loro fede incondizionata che si fa consegna di sé a lui, giorno per giorno.
La differenza è grande, potremmo dire abissale. Mentre Gesù e l’asinello rimanevano distanti nel loro essere, tra Gesù e il cristiano può e deve esserci una reale e profonda comunione di vita che ha la sua radice e condizione di possibilità nei misteri dell’Incarnazione e della Pasqua.
Tutto inizia dal prodigio meraviglioso che si compie il giorno in cui si riceve il Santo Battesimo: per l’azione misteriosa ed efficace dello Spirito Santo si viene innestati come tralci in Cristo vera Vite, tanto da diventare partecipi della natura divina. E poi questo mistero di unità di vita si rafforza sempre più, se ci si ciba con fede dell’Eucaristia e ci si lascia gradualmente cristificare dalla grazia, mentre ci si sforza di passare per la porta stretta del Vangelo in un cammino costante di conversione.
Ciò significa che in virtù dell’opera meravigliosa che Gesù ha compiuto nella sua carne mortale e risorta al terzo giorno il cristiano può, se vuole, arrivare a dire con San Paolo: «Non sono io più che vivo, ma Cristo vive in me» (cf. Gal 2,20). È quando questo accade che attraverso di noi opera in pienezza lo Spirito Santo con tutta la potenza dei suoi sette doni. La storia attorno a noi cambia. I cuori, per mezzo nostro, vengono investiti dal fiume della grazia e della verità e – se sono di buona volontà – si lasciano attrarre e conquistare da Cristo Signore.
In questa Settimana Santa ciascuno di noi può fare in tal senso importanti passi avanti. Possiamo lasciarci inondare dalla grazia di Dio e illuminare dalla luce del suo Vangelo e decidere seriamente di seguire Gesù sulla via del Calvario, per divenire con lui una sola vita, una sola missione, un unico mistero di morte e di resurrezione.
Ci aiuti la Vergine Maria, nostra Madre e Regina, e in questi giorni ci insegni i segreti del cuore del suo divin Figlio che lei conosce meglio di chiunque altro.
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