La seconda Domenica di Pasqua è la Domenica della Divina Misericordia, istituita ufficialmente nel 1992 da San Giovanni Paolo II, Pontefice noto per la sua grande saggezza teologica e pastorale. Ma cos’è la misericordia? In che senso la dobbiamo intendere?
A questa domanda è doveroso rispondere oggi più che mai, perché a volte si fa confusione e si rischia di non intenderla secondo il cuore del Padre celeste.
Va detto anzitutto che la misericordia è il grande amore che Dio ha per l’uomo. Essa è un vero e proprio sentimento divino, che spinge l’Onnipotente a chinarsi sulla nostra pochezza per far sì che ognuno di noi si salvi. Il Padre celeste ci vede peccatori, fragili, costantemente tentati a cadere dalla fede e non ci lascia soli. Trova sempre vie attuali per entrare in dialogo con noi e aprire i nostri occhi troppo spesso annebbiati da falsi ideali. Egli ci concede anche una grande grazia, frutto della sua onnipotenza: la guarigione della natura che da peccatrice, lentamente, diventa capace di amare fino alla morte e alla morte di croce. Con il Battesimo, siamo infatti resi partecipi della natura divina e resi figli di Dio in Cristo.
Del resto la Pasqua di Gesù Signore è l’espressione più alta della misericordia di Dio. L’Innocente paga per noi peccatori. Il Giusto si sacrifica sulla croce per lavare con il suo sangue le nostre colpe. L’Agnello senza macchia viene immolato perché l’Angelo sterminatore passi oltre e non distrugga l’umanità ribelle.
Attenti però! Questo aspetto della misericordia di Dio va posto al centro della nostra riflessione, ma non va assolutizzato. Pensare ad una misericordia monodirezionale e senza regole sarebbe vera eresia. Il Vangelo di questa Domenica ci aiuta a comprendere meglio questa grande verità:
«Gesù disse loro di nuovo: “Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi”. Detto questo, soffiò e disse loro: “Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati”» (Gv 20,21-23).
Nel Cenacolo, Gesù risorto appare ai suoi Apostoli, e cosa fa?
Prima di tutto chiede ai suoi che credano in lui, ricordando loro che la fede è necessaria perché la misericordia di Dio agisca. Chi crede, si salva e opera salvezza. Chi non crede, rimane tagliato fuori perché Dio non può parlare al suo cuore, non può soffiare su di lui lo Spirito Santo, non può guidarlo nel compimento perfetto della missione che lui ha stabilito. A Tommaso Gesù non chiede forse la fede e per giunta nell’invisibilità della sua presenza nella storia? Ecco allora che la misericordia è bidirezionale: Dio prende l’iniziativa, ma l’uomo deve rispondere nella fede all’amore di Dio.
Ma Gesù va oltre e stabilisce una regola importante che riguarda la misericordia, e nello specifico il perdono dei peccati. Esso è donato per mezzo della Chiesa, una, santa, cattolica e apostolica. Chi vuole essere perdonato e salvato, deve chiedere perdono a Dio di ogni suo peccato, ma deve anche ricevere il perdono sacramentale dagli Apostoli – che sono i Vescovi – e dai loro collaboratori, i Sacerdoti.
Pensare che Dio perdoni ma pretendere di saltare la mediazione ecclesiale non accostandosi al Sacramento della Confessione, è grande stoltezza. La misericordia infatti non è sregolata. Gesù stesso ha stabilito le condizioni, i limiti potremmo dire, entro i quali essa è data; e una di queste regole ferree è la necessità di passare attraverso la mediazione sacerdotale che risulta essere essenziale e non opzionale.
Tocca a ciascuno di noi fare chiarezza nel nostro cuore e nel cuore dei nostri amici, perché oggi più che mai si vorrebbe una relazione con Dio che non abbia nulla di ecclesiale e sia lasciata alla libera e fantasiosa interpretazione di ognuno.
È vero, eterna è la misericordia del Padre nostro celeste, ma essa richiede sempre che da parte nostra ci sia il rispetto delle condizioni che la rendono misericordia sapiente e non stolta, celeste e non terrena, salvifica e non di perdizione.
La Vergine Maria, Avvocata dei peccatori, ci aiuti e apra i nostri occhi.
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